mercoledì 29 dicembre 2010

LA PRIMA USCITA CON LE CIASTRE

COLLE CERVETTO - Val Varaita



Forse per via delle mie origini, in parte venete, preferisco chiamarle Ciaspole



Incantevole visuale






Sprofondamento Totale






venerdì 10 dicembre 2010

Natale 2010

Questo è il mio modo per ringraziarvi...

La mente soppesa e misura,
ma è lo spirito che giunge al cuore della vita
e ne abbraccia il segreto,
e il seme dello spirito è immortale.
Il vento può soffiare e placarsi, 
e il mare fluire e refluire
ma il cuore della vita 
è sfera immobile e serena,
e in quel punto rifulge
una stella che è fissa in eterno.

"Kahlil Gibran"

sabato 23 ottobre 2010

LA MIA PRIMA VIA IN FALESIA


Un anno fa mi cimentavo per la prima volta su di una via in falesia...
"ACCHIAPPAFANTASMI"


domenica 26 settembre 2010

QUANDO TUTTO INCOMINCIO'


Fino a poco tempo fa non avrei mai immaginato che la montagna mi entusiasmasse così tanto.
L'avevo vissuta fin da piccola con le classiche gite familiari con tanto di Pic-Nic, poi nelle ferie organizzate dalla Parrocchia dove avevo iniziato a muovere i primi passi lungo veri e propri sentieri talvolta anche impegnativi. Questi mi hanno poi portata ad amarla e frequentarla ogni estate fino alla decisione di iscrivermi al Corso di Escursionismo base organizzato dalla sezione C.A.I. della città in cui vivo.
Grazie a questo corso, oltre a fare nuove conoscenze, ho potuto scoprire ed apprezzare nuove prospettive della montagna che finora non avevo mai preso in considerazione.
Alla conclusione del corso base attendevo con entusiasmo l'inizio del corso avanzato. Quando ad ottobre ricevetti l’e-mail che mi avvisava dell’impossibilità di attivarlo, ma che comunque ci sarebbe stata una lezione teorica e, di conseguenza, una lezione pratica che prevedeva una giornata su di una Via Ferrata, fui molto contenta, ma allo stesso tempo preoccupata, per questa nuova e particolare esperienza che avrei dovuto affrontare.
La paura di cadere e di non farcela fisicamente era più forte della mia voglia di provare quelle nuove emozioni. Incominciai con il chiedere consiglio agli Accompagnatori del C.A.I. e ad alcuni amici. Non ancora del tutto sicura, consultai internet e, dopo tutto ciò, incominciai a prepararmi, prima di tutto psicologicamente, a questa giornata su Via Ferrata.
La domenica in cui si era fissata la data per la lezione pratica, anche se avevo ricevuto parole rassicuranti, la paura in me era talmente grande che il mattino stesso non sarei neanche voluta partire. Arrivata sul luogo del ritrovo, la prima cosa che dissi fu " Io vengo se posso fare solo il primo tratto". Da quello che avevo letto su internet sembrava, infatti, che fosse quello il tratto meno impegnativo ma, con metodi di persuasione molto fini, gli accompagnatori furono più forti della mia volontà e così, caricate le auto, partimmo.

Fino a quando non arrivammo sul luogo della partenza della Via Ferrata di Rocca Bianca a Caprie, il viaggio lo passai in silenzio a pensare a cosa avrei dovuto fare.

Parcheggiate le auto, ci preparammo con gli imbraghi e tutta l'attrezzatura necessaria, poi ci incamminammo. All'imbocco del sentiero di avvicinamento, ci fermammo ad osservare la bacheca e verificammo le informazioni ricevute a lezione: quota base della ferrata 370 m, sviluppo 350 m, dislivello avvicinamento 20 m, difficoltà AD.



"Il percorso inizia con un breve tratto facilissimo che porta ad un ripiano, da cui poi si segue integralmente il filo di spigolo della parete, fino ad una grossa cengia invasa dalla vegetazione. Traversare quindi seguendo il cavo verso sinistra, per riprendere il filo di spigolo che si mantiene fino alla cima di un promontorio, e proseguire lungo una cengia fino a sbucare sulla sommità della parete. L’ itinerario, è fin qui molto semplice e poco ripido, senza tratti verticali e senza difficoltà alcuna; dalla sommità c’è la possibilità di scendere per comodo sentiero. Proseguire ora lungo un camminamento segnato da piccoli bolli rossi, che salendo si inoltra nel bosco ed in pochi minuti raggiunge la base della parte alta della via ferrata. Superare quindi tutta una bella serie di placche e muri verticali abbondantemente attrezzati con gradini metallici per circa 150 m. di dislivello, fino ad incontrare il ponte tibetano, attraversarlo, oppure aggirarlo lungo la variante, portandosi ai piedi del risalto finale, scalare il primo muro per una serie di gradini per poi uscire lungo una bellissima placconata di serpentino rosso."
Con noi partecipanti al corso, erano presenti tutti gli accompagnatori della sezione ed in particolare un Accompagnatore dell'Alpinismo Giovanile che siglerò A.A.G.
Prima di ripartire, ricevemmo le ultime indicazioni da A.A.G. che effettuò anche gli ultimi controlli sull'attrezzatura di ciascuno di noi.
La mia preoccupazione aumentava sempre di più. Vedevo la roccia sulla quale avrei dovuto camminare e mille domande mi risuonavano in testa.



Ci incamminammo lungo il sentiero di avvicinamento da dove poi avremmo dovuto attaccare la Via.



Ogni partecipante al corso non era solo ma affiancato da un accompagnatore e, la cosa che un po' mi rassicurava, era il fatto di essere per ultima con accanto A.A.G. che mi spiegava cosa dovevo fare; in questo modo non avrei rallentato le altre persone.




Ma la paura era ancora tanta e, quando bastava che camminassi tranquillamente, l’istinto mi portava a tutti i costi a volermi aggrappare in qualche modo con le mani sulla roccia. Gli accompagnatori mi spiegavano di stare con il busto eretto, mi facevano vedere la posizione da tenere in alcuni punti più esposti, come gli scarponi mi permettevano di non scivolare sulla roccia. Io continuavo a dire di sì, che avevo capito, ma il mio istinto mi portava sempre a puntare i piedi e, quindi, a non far aderire bene lo scarpone alla roccia, ad appoggiare le mani, e anche le ginocchia dove era possibile. Stavo rendendo il primo tratto della Ferrata, che era mia intenzione fare rinunciando al secondo, più faticoso di quanto avessi immaginato.
Per fortuna questo primo tratto, quando ormai stava per diventarmi difficile mantenere la calma, giunse alla fine.
Percorremmo così  il sentiero che ci avrebbe portati al secondo tratto della Via Ferrata. Si parla, si guarda il paesaggio ed in un attimo fummo lì ai piedi della parete della parte alta.
Quando ci radunammo lungo il sentiero e vidi quella parete così verticale e piena di scalini, il mio viso prese un’espressione di pieno terrore.



Non volevo più continuare, ma A.A.G. con molta tranquillità, e forse perché abituato con i ragazzini, pensò bene di farmi continuare lo stesso assicurandomi a lui; in questo modo io non avrei più dovuto utilizzare i miei moschettoni ma solo seguire lui passo dopo passo.
Dopo un attimo di riposo ripartimmo e subito si presentò il punto più critico.
Ferma con i piedi ben puntati sulla roccia, ero aggrappata con tutta la mia forza ad uno scalino in ferro. A.A.G. mi indicava come effettuare il passaggio successivo ma ero sempre immobile allo stesso punto e ad un tratto pensai: “Io insicura e piena di paura, dovrei mettere il mio piede, con addosso lo scarpone, su di un appoggio a dir tanto si e no largo due centimetri??” "No"
La paura era troppa e non riuscivo a muovermi.
Anche se A.A.G. continuava a parlarmi io ormai ero bloccata lì, il mio pensiero era solo:
“Voglio scendere!”
E continuavo a scuotere la testa in segno di no.
Ad un certo punto, credo che A.A.G. capì che mi stessi per mettere a piangere ed allora mi allungò una mano e dopo che io l'avevo ben afferrata mi tirò su facendomi superare quell'ostacolo.
Come abbia fatto me lo sto ancora chiedendo, ma di sicuro se non ci fosse stato lui io sarei ancora là appesa.
La scalata riprese, poco per volta mi riprendevo anche io, ero legata a A.A.G., non avevo il pensiero dei miei moschettoni e così riuscivo a parlare, incominciavo a conoscere meglio il mio compagno e insieme osservavamo la Sacra di San Michele così imponente sulla roccia, sulla valle, ed io mi sentivo più sicura.
E' incredibile come in pochi minuti ed in un unico posto, così lontano dalla vita quotidiana, si riescano a fare e ad imparare tante cose.
Andammo avanti, capii come bisognava comportarsi su di una Via Ferrata e che non dovevo aver paura. Poco per volta incominciai a tranquillizzarmi.
Ad un certo punto raggiungemmo gli altri del gruppo, erano fermi perché rallentati da un compagno di corso in difficoltà che poi scivolò.
Per fortuna aveva già spostato i moschettoni sopra il fittone così non effettuò una caduta rovinosa ma solo una piccola scivolata a causa delle braccia ormai stanche ed indolenzite.
Vedendolo così in difficoltà capii quanto fossero, e sono, importanti le gambe, perché è con esse che bisogna spingere il corpo in alto in modo da poter afferrare con le mani gli appigli ma senza tirarsi su completamente a braccia. Pensai di essere fortunata ad utilizzare già in automatico le gambe anche se le mani erano sempre aggrappate con tutta la forza agli scalini in ferro o al cavo.
Essendo il gruppo abbastanza numeroso, capitava che per questi eventi o altri si formassero dei rallentamenti fino anche a fermarci del tutto.




Durante le soste però, si aveva la possibilità di fare amicizia con gente del posto che stava affrontando la Via in coda al nostro gruppo. Era bello vedere il loro entusiasmo e affiatamento e ricevere l' amicizia che ci avevano offerto in modo molto spontaneo.




Il mio compagno di corso riuscì a superare le sue difficoltà e riprendemmo uno per uno il percorso che proseguiva fino al ponte tibetano lungo circa 25 metri.
Si trattava di un ponte composto da un cavo come marciapiede, uno per l'autoassicurazione e due, uno a desta e uno a sinistra, come mancorrente.
A.A.G. mi spiegò che non era possibile percorrerlo insieme, legati uno all'altro, ma ognuno doveva attraversarlo per conto proprio.
A prima vista, la mia intenzione fu quella di evitarlo. La stessa come la pensò quel ragazzo che prima si era trovato in difficoltà. Ovviamente A.A.G. mi persuase nuovamente.
Dopo essere arrivata fino a quel punto, era infatti un peccato non fare quell'ultimo sforzo. Così mentre l'altro allievo con l'accompagnatore decisero di evitare il ponte, io proseguii.
A.A.G. mi aiutò ad assicurarmi al cavo e partì. Aspettai che percorresse qualche metro e, dopo un attimo di titubanza, partii anche io.
Eravamo tutti e due sullo stesso ponte, seguivo in ogni movimento A.A.G. sempre con molta attenzione perché, finche lui non lo terminava, dovevamo mantenere lo stesso ritmo nel passo.
Ero completamente concentrata sulle mie azioni che non mi venne di guardare il vuoto che c'era sotto di me. Percorsi il ponte splendidamente e A.A.G. decise che nell'ultimo tratto avrei potuto continuare da sola senza dovermi assicurare di nuovo a lui.
Un piccolo aiuto però me lo diede ancora. L'attacco della risalta finale prevedeva uno scalino abbastanza alto che, da sola, avevo qualche problema ad affrontare; forse anche perché a quel punto il mio corpo incominciava a sentire la stanchezza fisica.
Si proseguì. A.A.G. mi lasciò passare avanti ma rimanendomi sempre vicino, in questo modo poteva seguirmi ed aiutarmi se mi fossi trovata in difficoltà.
Ad un tratto si fermò, vide che avevo superato le mie paure, che tenevo una posizione abbastanza corretta con il corpo e che mi gestivo da sola. Mi lasciò andare e diede uno sguardo ai compagni che avevano deciso di evitare il ponte e che stavano percorrendo il tratto più in basso.
Io, ormai concentrata sulle manovre, non me ne resi conto fino a quando, dopo aver spostato i moschettoni sopra il fittone, persi l'equilibrio per aver messo male un piede su di uno scalino roccioso che si presentava scivoloso. Nulla di grave. Ormai la cima era vicina ed i miei compagni erano lì che mi aspettavano consigliandomi dove era meglio passare.
Cima conquistata..... che bella sensazione!



Un sacco di complimenti da parte di tutti i compagni e accompagnatori e da parte dei signori in coda al nostro gruppo.
Durante il percorso ero così assorta nei miei pensieri che non mi accorgevo dell'impresa che stavo compiendo rispetto alle mie capacità e prospettive. Quando me ne resi conto mi sentii così felice come non mi ero mai sentita prima. " E pensare che qualcuno non voleva neanche partire!" Puro riferimento casuale.
Durante il sentiero di ritorno si parlava dell’esperienza vissuta, e di vari altri argomenti.
Ad un certo punto esclamai: “Dovrei fare un monumento a A.A.G.!” Ora non mi ricordo le parole esatte, ma la sua risposta fu semplice e molto bella. Con poche parole fece capire che le persone, con piccoli atti, possono cambiare qualcosa, in positivo, all'interno di un'altra persona e scherzando mi disse anche: " Oggi siamo stati legati per la vita".
Ognuno di noi può interpretare una frase di questo genere in vari modi diversi, con differenti sfumature.
Io dico che aveva ragione. Quel giorno e quell'esperienza hanno fatto sì che le nostre vite si incrociassero e che lui mi lasciasse in dono una nuova passione. Grazie a questo, cerco ogni giorno di affrontare in modo sempre diverso e positivo la mia vita.
Durante un attimo di pausa lungo la Via Ferrata, un accompagnatore ci fece una foto che io commentai così: “Un grazie particolare a A.A.G. che mi ha sopportata e supportata per tutto il tempo!”
Come scrisse Steph Davis: " in parete, la corda che unisce due compagni può diventare un legame profondo e complesso tra due individui in apparenza distanti [...]ciò che conta in fondo è cosa provi in parete, l'esperienza che vivi col compagno."
Quel commento fu il mio modo di ringraziarlo. Oggi devo ringraziarlo ancor di più insieme a tutti gli altri Accompagnatori del C.A.I. per la grande esperienza vissuta, per l’amicizia, per la fiducia che hanno in me ogni giorno. Questo perché grazie a loro ho scoperto un nuovo mondo, conosciuto nuovi amici, provato nuove sensazioni e mi sono avvicinata all’arrampicata. Un'attività che, devo dire, si sta rivelando un' ottima terapia per le mie insicurezze, imparando ad affrontare ogni giorno ostacoli sempre più difficili.
L'importante è provare e, se ci tieni veramente, non arrendersi.




Grazie a Flavio per Avermi Sopportata e Supportata per tutto il tempo...

giovedì 9 settembre 2010

Caro amico...

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.



" Sono qui che ti scrivo guardando la tua foto, 
non riesco a piangere ma solo a sorridere... 
Sei entrato nella mia vita in punta di piedi, in un momento difficile per entrambe, [...] 
Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me... mi sei stato vicino, mi hai seguito, mi hai dato gioia ... e di questo te ne sarò sempre grata.
Domani verrò "al monte" e ti porterò questa mia lettera [...] "




La riconosci?? E' la pala "del monte"...
mi ha sempre affascinata ...

venerdì 3 settembre 2010

Mi stringevi tra le tue braccia per vedermi sorridere...

Ciao Ja,
te ne sei andato con la tua passione...
Hai lasciato un grande vuoto tra di noi, ma vivi ogni giorno nei nostri cuori.
Grazie per tutto quello che hai fatto.

Ti voglio bene